Quanti tra i nostri famigliari e amici hanno portato un apparecchio ortodontico?
Personalmente, passando velocemente in rassegna chi l’ha portato da piccolino e chi già grande, chi l’aveva mobile, chi fisso, chi invisibile e chi decisamente ingombrante, arrivo a una percentuale incredibilmente alta.
E quante persone abbiamo sentito lamentarsene negli anni?
Forse noi stessi in quel periodo abbiamo sofferto di dolore ai denti, di irritazioni della mucosa, ma anche di problematiche all’apparenza non collegate al piccolo strumento che tormentava le nostre gengive: mal di testa, mal di schiena, dolore alle spalle o al collo. È possibile? Davvero l’utilizzo di un apparecchio ortodontico può essere in relazione con la comparsa di sintomi a distanza?
La risposta è sì e la spiegazione è l’anatomia.
La soluzione? Un rapporto collaborativo tra odontoiatra, osteopata e paziente, con l’obiettivo di portare a termine con successo il trattamento ortodontico nel rispetto della qualità della vita, scongiurando la possibilità di recidive.
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Per comprendere come l’uso dell’apparecchio può avere ripercussioni su diverse strutture, anche distanti, occorre comprendere che la mandibola è un osso chiave nell’organizzazione del corpo a diversi livelli:
Essa fa parte della faccia, è perciò in stretta relazione con la comunicazione e con il mondo emotivo. Restare a bocca aperta, ridere, serrare i denti per la rabbia o semplicemente parlare sono esempi del suo coinvolgimento costante, consapevole o inconsapevole, nel rapporto interpersonale.
Come componente scheletrica della cavità orale, partecipa a funzioni fondamentali per la sopravvivenza come la nutrizione e la respirazione. Alla mandibola sono “appesi” tramite numerosi muscoli i visceri deputati a svolgere queste funzioni: faringe, laringe, trachea, albero bronchiale, esofago.
Insieme al resto del cranio, può trovarsi a compensare una disarmonia delle curve della colonna con il fine di mantenere orizzontale lo sguardo.
Appare ora evidente che un cambiamento nella posizione dei denti, nell’occlusione, nel movimento mandibolare o nella tensione della lingua, come una reazione a catena, può coinvolgere diversi sistemi e apparati e generare problematiche di diversa natura.
Considerando poi lo specifico ambiente della cavità buccale, le varie componenti (tra le principali, la mandibola e la mascella con le arcate dentali e la lingua) possiedono una propria finissima organizzazione basata su un equilibrio tra tensioni muscolari e legamentose, forze interne ed esterne e rapporti interdentali che si forma lentamente fin dalla vita intrauterina. È facile immaginare come uno strumento introdotto in questo sistema alteri in modo relativamente repentino le sensazioni in arrivo al sistema nervoso centrale riguardo la posizione di lingua e mandibola nello spazio, la tensione di muscoli e legamenti, il contatto tra i denti (le cosiddette afferenze propriocettive). L’elaborazione di queste nuove informazioni genera nuove risposte, inviate dal sistema nervoso centrale alla periferia tramite nervi motori, nel tentativo di trovare una nuova postura che eviti il dolore e l’affaticamento.
Nel dettaglio, l’inizio di un trattamento ortodontico potrebbe essere messo in relazione con le problematiche riferite dal paziente attraverso diversi percorsi disfunzionali:
Il nervo trigemino, responsabile della sensibilità della bocca, è fortemente stimolato dall’introduzione di un apparecchio. Uno dei nuclei di origine di questo nervo, la radice spinale del trigemino, raggiunge, come dice il nome, il midollo spinale a livello della prima vertebra cervicale della colonna. Da quella stessa regione originano i nervi che garantiscono la contrazione dei muscoli suboccipitali e erettori del capo (piccolo e grande nervo occipitale). A questo livello avviene quindi l’elaborazione di una risposta motoria allo stimolo sensitivo trigeminale: ciò significa che una forte stimolazione del trigemino può causare contrattura della muscolatura cervicale, quindi cervicalgia.
I muscoli masticatori, in particolare il muscolo buccinatore, sono in continuità con i costrittori della faringe, soprattutto il superiore, che costituiscono la parete muscolare posteriore della cavità buccale. Anche alcuni fasci del muscolo linguale sfioccano nel costrittore faringeo superiore (muscolo faringoglosso). Questo significa che una alterazione della tensione dei muscoli masticatori o della posizione della lingua si può ripercuotere, attraverso il connettivo che riveste questi muscoli, la fascia buccofaringea, sull’osso del cranio che le fa da inserzione, l’occipite. Allo stesso modo, il muscolo temporale, che si contrae per controllare la chiusura della bocca, inserisce sulle ossa temporale e frontale, a livello delle tempie. La tensione muscolare o fasciale a livello del cranio può manifestarsi con cefalea.
Sebbene ci sembri piuttosto piccola, la lingua è in realtà un muscolo decisamente potente, costituito da numerosi fasci che la ancorano a tutte le strutture vicine. I muscoli che collegano la lingua e la mandibola all’osso ioide, situato nel collo poco sopra al “pomo d’Adamo”, sono detti sovraioidei e costituiscono il pavimento buccale, ovvero il sostegno principale della lingua stessa. L’introduzione di un apparecchio può obbligare la lingua a modificare anche di molto la sua posizione di riposo, aumentando la tensione a livello sovraioideo. Lo ioide è inserzione anche di altri muscoli, che si dirigono verso il basso e prendono inserzione sulle clavicole, sullo sterno e sulla scapola (omoioideo, sternoioideo, sternotiroioideo). La reazione a catena originata dalla lingua può quindi portare, attraverso la mediazione dei muscoli sopra citati, dolore o limitazione del movimento della spalla.
Un paziente sottoposto a ortodonzia può trarre numerosi benefici da un consulto in ottica osteopatica:
Prima di iniziare il trattamento ortodontico l’osteopata valuta funzionalmente il paziente a livello masticatorio, cervicale e nelle regioni correlate, per rimuovere eventuali disfunzioni e compensi e preparare il terreno a un intervento di successo senza rischio di recidive.
Durante il trattamento l’osteopata è un valido aiuto nella gestione delle problematiche sopra citate, favorendo l’adattamento del sistema alla nuova condizione.
Dopo la rimozione dell’apparecchio l’organismo affronta nuovamente una fase di riequilibrio molto delicata in cui si rischia la recidiva: l’osteopata favorisce la riorganizzazione in assenza di dolore e in caso di necessità può rieducare la funzione.
Infine, va precisato che la presenza del filo di contenzione, spesso utilizzato a termine dell’ortodonzia, è da considerarsi, nelle sue conseguenze, assolutamente analoga alla presenza di un apparecchio fisso.
Testo di Valeria Milanesio, Osteopata D.O. M.Roi
Immagine di Andrea Cimmarusti, Osteopata D.O M.Roi
Bibliografia:
Trattato di Anatomia Umana - Anastasi e colleghi
Techniques Ostéopathiques Appliquées à la Phoniatrie - Alain Piron
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