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#artiColazioni: Il costo della cronicità (progetto CronOs)

Immagine del redattore: Valeria MilanesioValeria Milanesio

Aggiornamento: 12 apr 2021

Questa serie di post, individuati dall'hashtag #artiColazioni, ha l'obiettivo di avvicinare anche i "non addetti ai lavori" alla lettura di articoli scientifici. Questi ultimi devono rappresentare un mezzo di informazione non di nicchia, ma accessibile a chiunque abbia la curiosità di consultare le fonti del sapere scientifico. E allora che cosa c'è di meglio di un articolo a colazione?

Che cos'hanno in comune l'emicrania, la cervicalgia, il colon irritabile, la lombalgia, l'endometriosi, la fibromialgia, la disfonia, il morbo di Crohn? Ciò che lega tutte queste patologie è la durata: esse sono dette croniche, proprio perché accompagnano chi ne soffre per mesi, anni o addirittura per tutta la vita.

Una revisione della letteratura a riguardo, pubblicata sul Journal of Osteopathic Medicine lo scorso febbraio, definisce cronico un dolore o una patologia che sia presente per più di 12 settimane. Studi scientifici infatti hanno provato che al superamento di questa soglia di tempo corrispondono precise modificazioni a livello del sistema nervoso centrale: cambia, cioè, il modo in cui il dolore viene percepito e le vie lungo le quali il messaggio viene trasmesso, trasformando il segnale di dolore acuto in dolore cronico.


Chi soffre di dolore o patologie croniche? Lo studio riporta che oggi un adulto su 5 (20,4%) fa parte di questa categoria di pazienti, ma tale percentuale è destinata ad aumentare: l'incidenza della cronicità è infatti strettamente legata all'allungamento della vita media.

Oltre alle gravi ripercussioni che questo genere di patologie può avere sulla qualità della vita e sulla salute mentale di chi ne è affetto, spesso il dolore cronico porta all'assuefazione ai farmaci più comuni, generando così la necessità di ricorrere a principi attivi sempre più potenti e a dosi sempre maggiori. Questo è il motivo dell'aumento nell'uso di oppioidi, forti analgesici ad alto rischio di dipendenza.


Questi dati denunciano l'urgente bisogno di ricercare nuovi approcci per la gestione della cronicità: terapie possibilmente non farmacologiche e il più possibile libere da effetti collaterali, che possano sostenere i pazienti nella convivenza quotidiana con la patologia o il dolore che li accompagna, migliorando la qualità della vita e la funzionalità dell'organismo.

La revisione citata poco fa ha indagato le potenzialità del trattamento osteopatico nel ridurre l'intensità del dolore cronico, valutandolo efficace nei casi di emicrania, cefalea tensiva, cervicalgia, fibromialgia, lombalgia. L'osteopatia si è dimostrata utile anche a migliorare la funzionalità (capacità di svolgere le attività di ogni giorno, numero di giorni senza dolore, salute mentale...) nei casi di dolore pelvico cronico e diabete, in aggiunta alle condizioni elencate sopra. Interessante il fatto che alcuni degli studi esaminati riportano anche una diminuzione del consumo di farmaci, nel gruppo di pazienti sottoposti ai trattamenti osteopatici.


Se soffri di un dolore cronico o conosci qualcuno affetto da una delle patologie nominate in questo articolo leggi con attenzione: il Registro degli Osteopati d'Italia ha lanciato il Progetto CronOs per la settimana dal 7 al 13 giugno.

Visitando questo sito potrai prenotare un primo trattamento osteopatico gratuito presso l'osteopata più vicino a te, durante il quale stabilirete un piano terapeutico personalizzato. É un progetto su scala nazionale!


Link all'articolo su PubMed: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33635954/


Testo di Valeria Milanesio, Osteopata D.O.m.R.O.I.

Immagine di Andrea Cimmarusti, Osteopata D.O.m.R.O.I.

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